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Quindici anni dopo l'Iliade, il Teatro Del Carretto ricrea l'Odissea, senza più chiedere alle statue degli dei di mediare la terribilità insita nel mito, lasciando il posto alla ferocia di una storia ricca di miraggi, ma non di illusioni, nel suo spettacolo forse più alto e disperato. Sopra la lignea scena circolare e multiforme di Graziano Gregori, palazzo-grotta-nave-tomba, la regia di Maria Grazia Cipriani situa dal principio di fronte a Ulisse, ancora in veste da mendicante, e ai suoi congiunti, soltanto i Proci, padroni del palazzo di Itaca, e subito in preda a un'orgia sfrenata.
Ma si tratta di un sogno di Penelope che apre un ininterrotto gioco di specchi.
L'eterno ritorno s'è già concluso, ma l'eroe non smette di ripercorrerne le tappe col pensiero mentre i Proci si prendono gioco di lui, costretto a una parodia del cavallo di Troia, per poi passare spontaneamente a rivivere l'avventura con Polifemo, che è in realtà un suo doppio, costringendo i rivali a calarsi nei panni dei suoi marinai, in parte uccisi dal ciclope, e che più tardi lo legheranno a un palo perché non senta il canto seduttivo ma muto delle sirene.
E' un viaggio da fermo, di sogno in sogno, che raggiunge il culmine nella discesa all'Ade, quando Ulisse, sempre attorniato dai suoi nemici travestiti, incontra la madre, altissima nella sua lunga tunica, che gli si rivolge col canto della Callas e si getta poi nell'abisso lasciandolo tra le braccia di Calipso con un'emozionante fluidità inventiva.
E i Proci - già trasformati, sotto forma di marinai, nelle vacche del sole che muoiono incornate contro le pareti - conosceranno finalmente la morte in prima persona, a uno a uno, in un sadico spietato rituale ripetitivo che vede i corpi trafitti, risucchiati e appesi, in un'autentica, tremenda strage di innocenti che il cerimoniale peraltro rende quasi astratta, come i gesti di guerra che vediamo ripetersi all'infinito alla TV.
Il coincidere di due sogni di Penelope e di Ulisse sembra allora sigillare una storia che in realtà non ha fine, perché questo Ulisse che non ci dice chi è - e che Teodoro Giuliani raffigura come un uomo medio
- identifica la vita col viaggio e finisce abbracciando un mappamondo come Charlot nel Grande
Dittatore.
Benissimo interpretato da un gruppo giovane con le magie foniche di Hubert Westkemper, lo spettacolo è un emozionante viaggio tra i mostri del nostro quotidiano: "2003 Odissea nella mente".
ENG
A thrilling journey amongst today’s monsters.
Fifteen years after the Iliad, the Teatro Del Carretto has recreated the Odyssey, this time, however, without calling on the statues of the gods to intervene in the horror inherent in the myth, but giving full play to the ferocity of a story full of mirages but not illusions, in what is perhaps the company’s deepest and darkest production to date. On the wooden circular set, designed by Graziano Gregori to be palace, cave, ship and tomb by turns, Maria Grazia Cipriani’s production, from the beginning, sets only Penelope’s suitors, who are in possession of the palace on Ithaca and embarked on a wild orgy, against Ulysses (disguised as a beggar) and his people. But this is Penelope’s dream, beginning an endless game of mirrors.
The long journey home is over, but the hero cannot stop retracing that journey in his mind while the
suitors mock him. He is forced to parody the Trojan horse and then slips into reliving the adventure
with Polyphemus, in reality his double. He makes his rivals become his sailors, some of whom are killed by the Cyclops while the others later tie him to a mast so that he cannot hear the seductive but
soundless song of the Sirens.
This is a journey without movement, from dream to dream, reaching its climax in the descent into
Hades when Ulysses, still surrounded by his enemies in disguise, meets his mother, very tall in a long
tunic, who sings to him like Callas and then throws herself into the abyss, leaving him in the arms of
Calypso, with an exciting, ingenious fluidity.
The suitors – transformed by now, as the sailors, into the Cattle of the Sun who die with their horns
impaled in the walls – finally meet their own deaths, one by one, in a sadistic, pitiless, repetitive ritual
which leaves their bodies run through, sucked down and hung up, in a truly horrible massacre of the innocents. The ritual, however, becomes something almost abstract, like the scenes of war repeated
ad infinitum on TV.
When the dreams of Penelope and Ulysses meet, this seems to set the seal on a story without end because this Ulysses who doesn’t tell us who he is – and whom Teodoro Giuliani plays as an average man – identifies life with journeying and ends up clasping a globe, like Charlie Chaplin in The Great Dictator.
Excellently performed by a group of young actors, with magical sound effects by Hubert Westkemper, this play is a thrilling journey amongst the monsters of our time: "Mind Odyssey 2003".